Premio alla Cultura 1989 della Pres

idenza del Consiglio dei Ministri

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Circolo Culturale

L'archivio parmense del 900

 

CENNI STORICI SULLA CITTA' DI PARMA

 

LA STORIA di PARMA

appunti di Eugenio Caggiati

Nelle ampie e fertili terre della pianura Padana, sui resti di villaggi risalenti all’età del bronzo ed alle terramare, su un probabile insediamento già segnato, nel III secolo a.C., dagli Etruschi e dalle scorrerie dei Galli e dei Liguri, i Romani fondano nel 183 a.C. (anno 571 di Roma) la città di Parma, lungo la via Emilia, che viene aggregata alla tribù Pollia.

Dopo aver sconfitto definitivamente i Galli Celti nel 191 a.C. il console M. Emilio Lepido, nel 187 a.C., aveva iniziato, infatti, la costruzione della grande arteria da Rimini a Piacenza per consolidare la conquista della regione cispadana. Parma è proprio il nome di uno scudo romano.

Parma romana

I primi 2000 coloni romani che arrivarono nel 183 a.C. nella pianura padana si fermarono a Modena e a Parma. Tracciarono l’urbe, bonificando terreni alluvionali, rispettando il tradizionale sistema di assi ortogonali degli accampamenti romani. Il decumano massimo, la via principale, largo circa 12 metri e lungo 460, coincideva con la Via Emilia e rimane ancora oggi visibile nelle attuali via Repubblica e via Mazzini con il Ponte Romano; delimitava, a nord, la vasta area del foro che era attraversata dal cardo massimo, lungo circa 400 metri, rintracciabile nel percorso delle attuali via Cavour e via Farini.

La città romana, che Cesare Ottaviano, dopo la distruzione delle truppe di Antonio, fece ricostruire e onorò col titolo di Julia Augusta, nel 43 a.C., a ovest di quella repubblicana, raggiunse circa 5.000 persone fin dalla prima epoca imperiale. Risultava fornita di foro, più ampio dell’attuale Piazza Garibaldi, che, probabilmente, aveva al centro la "domus civitatis", il campidoglio con il tempio di Giove al posto dell’attuale chiesa di S.Pietro; era dotata di teatro, vicino all’attuale chiesa di Sant’Uldarico, di anfiteatro presso l’attuale Collegio Maria Luigia, di edifici termali, tempio, arco di trionfio e rete idrica urbana.

Primo vescovo, ricordato dalla storia, fu Urbano che tenne la sede dal 360 circa fino al 381. Già dal 340, infatti, si coglie la conversione al Cristianesimo degli abitanti del Parmense.

La storia di Parma segue la sorte dell’Impero Romano: invasioni barbariche e carestie ne segnano la decadenza dal IV secolo.

Parma nel Medio Evo

Sotto il governo bizantino (553-568), dopo le distruzioni recate dalle invasioni barbariche, la città fu denominata Crisopoli, città d’oro, quale sede degli uffici del tesoro del governo bizantino. A seguito dell’invasione longobarda (568-569), Parma divenne un importante presidio militare per il collegamento tra il nord e il sud della penisola, lungo la strada di Monte Bardone che diventerà, poi, la più importante via francigena.

Dopo Carlo Magno, che delegò il governo della città a un conte che risiedeva nella "corte regia", la città passò sotto il governo del vescovo Conte Vibodo che nel 877 fondò il capitolo della Cattedrale e il Palazzo Vescovile con una scuola per chierici, aperta poi a tutti nel IX secolo, che dà l’avvio, già prima dell’anno 1000, alle origini dell’Università di Parma, una delle più antiche d’Italia. L’imperatore Ottone I, nel 962, le riconosce la potestà di "laureare" i notai. Nel contado continua fino al 1035 il potere laico del conte di nomina imperiale. In quell’anno Ugo, vescovo di Parma, viene nominato dall’imperatore Corrado anche conte di oltre 60 piccoli feudi di tutto il contado parmense e di altri castelli.

Il Comune di Parma

Durante le prime lotte fra l’impero e la Chiesa, Parma si schiera dalla parte imperiale. Cadalo, veronese di nascita, vescovo-conte di Parma dal 1045 al 1072, che diede inizio alla costruzione del grande duomo e dell’attuale palazzo vescovile fuori dalle mura settentrionali della città, fu eletto antipapa con il nome di Onorio II; ben due volte andò a Roma con un esercito contro il Papa. Nel 1080 un altro nobile parmense, Giberto Giberti, allora vescovo di Ravenna, fu nominato antipapa dall’imperatore Enrico IV. Toccherà a Matilde di Canossa riportare al papa la città che riceverà come vescovo S. Bernardo degli Uberti e accoglierà il Pontefice e Matilde per la riconsacrazione del Duomo nel 1106.

Inizia, poi, la decadenza del potere politico dei vescovi e, nonostante la presenza di una piccola feudalità agraria, la città riesce a darsi la struttura di libero comune. Torello de Strada, primo podestà di Parma, fece erigere nel 1221 il Palazzo Comunale nell’attuale Piazza Garibaldi. La famiglia dei Pelavicino ed i comuni di Cremona, Piacenza e Reggio erano i nemici da combattere. Con il Barbarossa Parma fu ghibellina, ma poi aderì alla lega lombarda.

Anche con l’imperatore Federico II il Comune fu prima filoimperiale contro Bologna, ma poi si schiererà con il papa Innocenzo IV. L’imperatore, per vendicarsi, cinse d’assedio Parma per raderla al suolo; ma i parmigiani, il 18 febbraio 1248, saputo che Federico II era andato a caccia con il falcone lungo il Taro, assalirono gli accampamenti imperiali, si impadronirono del tesoro reale e incendiarono la città di Vittoria che l’imperatore aveva già fatto erigere, nella zona dell’attuale Crocetta, per sostituire la città ribelle.

E’ questo il periodo più fulgido della storia parmense: il potere religioso, che fa perno su piazza Duomo, e il polo comunale, che fa perno sull’attuale piazza Garibaldi, trovano unità d’intenti politici, artistici ed economici; si sviluppa l’Università; oltre ai monasteri dei Benedettini (S. Giovanni, S.Paolo, S. Quintino, S. Uldarico e S. Alessandro, si insediano i Francescani in S. Francesco del Prato, i Domenicani nell’angolo oggi vuoto della Pilotta, i Carmelitani nel monastero oggi occupato dal Conservatorio, i Serviti nell’attuale don Gnocchi e gli Eremitani nel complesso di S. Luca. Con l’ampliamento della cinta muraria e la strutturazione delle cinque porte veniva delineato l’attuale centro storico di Parma.

Ma, a seguito delle discordie, fomentate dalle nobili famiglie locali (i Rossi, i Da Correggio, i Sanvitale), e per la debolezza causata da epidemie, inondazioni, terremoti e crisi economiche Parma, nel 1335, passa nelle mani dei Visconti, duchi di Milano. Dopo un brevissimo periodo di autonomia, ritornano gli Sforza (1440-1500), aiutati da Pier Maria Rossi.

Parma, poi, subì il dominio dei francesi e degli spagnoli di Carlo V che la passò alla Chiesa. In questo periodo fu anche governata, su incarico del Pontefice, da Francesco Guicciardini. Nel 1488 nasce il primo Monte di Pietà per aiutare gli indigenti.

Il Ducato di Parma

Il papa Paolo III, al secolo Alessandro Farnese, già vescovo di Parma nel 1509, d’intesa con l’imperatore Carlo V, nel 1545 dette vita al Ducato di Piacenza (prima capitale) e Parma per il proprio figlio, Pier Luigi, già nominato duca di Castro e marchese di Novara. Nel 1547, dopo la violenta morte del padre, ucciso dai nobili che aveva cercato di ridimensionare, il figlio, Ottavio, fece di Parma la capitale del piccolo ducato retto dalla famiglia, grazie anche al forte sostegno del fratello cardinale.

Dopo il governo di altri sei duchi (Alessandro, Ranuccio, Odoardo, Ranuccio II, Francesco e Antonio), che, con alterne fortune avevano ampliato il piccolo ducato con le terre dei Landi e dei Pallavicino e avevano costruito la Cittadella e i primi palazzi ducali, nel 1731, si estingue il dominio della casa Farnese. Una nipote, Elisabetta, aveva sposato a Parma per procura, nel 1714, grazie all’abile regia del cardinale piacentino Alberoni, il vedovo re di Spagna FilippoV; così il Ducato di Parma, nel 1732, passò nelle mani di don Carlos di Borbone, il figlio della forte Elisabetta e terzogenito del re di Spagna. Ben presto, al termine della guerra di successione polacca don Carlo lascerà il trono parmense agli Austriaci per salire prima su quello di Napoli e poi diventare, nel 1759, re di Spagna. Il duca porterà con sé, sistemandoli nel palazzo di Capodimonte, tutti gli arredi e le opere d’arte che si trovavano nei palazzi di Parma, Colorno e Sala Baganza.

Dopo la pace di Aquisgrana del 1748 il ducato parmense, allargatosi alle terre gonzaghesche di Guastalla, passò definitivamente nella mani del secondogenito di Elisabetta Farnese e Filippo V di Spagna, don Filippo di Borbone, che sposerà Luisa Elisabetta, figlia di Luigi XIV, abituata agli agi di Versailles. Da Parigi la duchessa fece arrivare personaggi francesi, carovane di tappeti, porcellane, arazzi, mobili dipinti per arredare le sedi della corte secondo il gusto francese. Don Filippo, sempre guidato dal consigliere Guglielmo Du Tillot, fondò la Biblioteca Palatina, e l’Accademia di Belle Arti, che patrocinava, ogni anno, concorsi internazionali di pittura, scultura e architettura, cui partecipavano giovani artisti di ogni parte d’Europa, tra cui anche il giovane Goya. Diede impulso agli scavi archeologici che portarono alla scoperta, sulle colline di Piacenza, dei resti di romani di Velleja. La città, chiamata in quegli anni Atene d’Italia, si arricchì di costruzioni neoclassiche progettate dall’architetto Ennemond Petitot, ornate di stucchi disegnati da artisti francesi, fra i quali Jean-Baptiste Boudard. A Parma in questi anni impianta una grande tipografia di raffinata produzione Giambattista Bodoni, i cui caratteri tipografici diventeranno famosi in tutto il mondo, quale sinonimo di eleganza e di rigore grafico.

I frutti di questa cultura andranno spegnendosi sotto il ducato di don Ferdinando di Borbone e Maria Amalia, figlia di Maria Teresa d’Austria che dovettero accettare, nel 1801, il passaggio del Ducato alla napoleonica repubblica francese che nominerà, come governatore, Moreau de Saint Mery, che cercò di riassestare le finanze e di riordinare il governo del territorio parmense. Nel 1814, con il congresso di Vienna, il Ducato passerà nelle mani degli Austriaci ed in particolare di Maria Luigia d’Austria, seconda moglie di Napoleone, che regnerà fino alla morte, il 17 dicembre 1847, lasciando di sé un ottimo ricordo nel cuore dei parmigiani e varie opere come il Teatro Regio, le Beccherie, il ponte sul Taro, raccolte d’arte e la strada della Cisa.

Alla sua morte Parma tornerà ai Borbone. L’ultimo duca, Carlo III, che prese il governo del Ducato dopo il padre Carlo II e le prime illusioni liberali del ’48, morì pugnalato nel 1854 davanti alla chiesa di S. Lucia, lasciando alla vedova Luisa Maria di Borbone il compito di reggere il governo, per conto del figlio minorenne Roberto I, fino al 9 giugno del 1859, di uno stato inquieto e travolto dalle battaglie per l’indipendenza.

Parma nel Regno d’Italia

Il 15 settembre del 1859, tenuti i comizi, nel Palazzo del Giardino i deputati eletti nel Ducato dichiarano decaduta la dinastia borbonica, entrano nelle province dell’Emilia rette da Carlo Farini e decidono l’annessione al Regno del Piemonte; inviarono una delegazione, di cui faceva parte anche Giuseppe Verdi, a Vittorio Emanuele II. Nel marzo del 1860 il Ducato ebbe l’annessione al Regno dei Savoia. Anche Parma entra nella storia d’Italia, ma da piccola capitale diventerà un semplice capoluogo di provincia, abbastanza emarginato nella seconda metà dell’Ottocento.

Una vivace attività culturale, segnata dai caffè letterari, dall’amore per la musica lirica, da personaggi quali il maestroToscanini, il poeta Betti, il pittore Soldati, il vignettista Giovannino Guareschi, e dai Zavattini, Carboni, Bertolucci, Pietro Bianchi, dalla Gazzetta di Parma caratterizza la prima metà del ‘900. Anche una florida agricoltura, le prime attività industriali nel settore conserviero e meccanico, un’aggressiva presenza sindacale e politica hanno segnato l’inizio del secolo.

Anche gli scioperi agrari del 1908, la fondazione in città dell’Istituto Missioni Estere da parte del vescovo Conforti, le Barricate del ’22 che hanno visto la gente dell’Oltretorrente respingere le milizie fasciste di Italo Balbo, le serate popolari al Teatro Regio, insieme alle guerre grandi e piccole, caratterizzano questo periodo di storia. Gli interventi urbanistici del sindaco Mariotti, all’inizio del secolo, e i bombardamenti del ’44 hanno modificato il centro storico di Parma facendo nascere la città d’oggi.

Parma oggi

Lo sviluppo dell’agricoltura moderna con Bizzozzero e Rognoni, dell’alimentare e della tecnologia relativa, delle industrie Bormioli, Braibanti, Barilla, Borsari, Luciani, ecc., all’inizio del XX secolo, ha dato un impulso frenetico all’economia locale ed ha positivamente segnato la crescita della società parmense. A fine ‘900, grazie ai suoi prodotti tipici, ad una miriade di piccole e medie imprese, alla qualificata e raffinata capacità dei suoi cittadini e al successo di vari eventi, Parma ha scalato le graduatorie della qualità della vita, raggiungendo un’immagine ottimale a livello nazionale, europeo ed anche mondiale.

Parma oggi vuol dire Antelami e Correggio, Farnese e Maria Luigia, Verdi e Toscanini, Parmigiano e Prosciutto, Barilla e Fiere, Teatri e Parma Calcio, castelli, Salsomaggiore e Via Francigena; un territorio che dal Po all’Appennino riesce, nonostante tutto, a godere la vita.

A fine del 2003, con l’assegnazione dell’Auctority europea per la sicurezza alimentare e con il riconoscimento di un Collegio Europeo, di Scuole internazionali di cucina, Parma ha cominciato a risentirsi, a torto o ragione, una piccola capitale.