Premio alla Cultura 1989 della Pres

idenza del Consiglio dei Ministri

www.ilborgodiparma.it

Circolo Culturale

L'archivio parmense del 900

PRG di PARMA dall'unità d'Italia - 3a parte.b

Evoluzione urbanistica e Piani Regolatori cittadini

PARMA 1856-2001

 

Parte prima

Parte terza

NASCITA DELLA CITTA’ MODERNA

- Via della Salute (1856)

- Piano Regolatore (1887)

- Relazione Mariotti (1894)

I P.R.G. DEL SECONDO DOPO-GUERRA

PRG (1957-1963)  storia, gestione, obbiettivi

PRG (1969-1974)

- storia (1965-1980) - gestione  - obiettivi  - legislazione

Parte seconda

Parte quarta

LO SVILUPPO DELLA CITTA’ NEI PRIMI CINQUANT’ANNI

- Il Piano Regolatore (1938-1945)

- storia, gestione, obiettivi

IL PIANO DI RICOSTRUZIONE (1946-1950)

- storia, gestione, obiettivi

LA CITTA’ POST-INDUSTRIALE

 PRG (1998-2001)

- gestione (riassunto tappe principali)

- obiettivi

- bibliografia

 

appunti dell'Arch. Marzio PAVARANI

Parte terza: PIANO REGOLATORE GENERALE 1969 - 74

GESTIONE DEL PIANO

I fenomeni caratteristici che hanno interessato Parma e la sua Provincia nell’arco di tempo che va dal 1961 al 1974 possono sintetizzarsi nei seguenti punti:accelerazione del processo di espulsione di mano d’opera dalla campagna,più accentuato nella montagna e nella bassa;stagnazione dei livelli di occupazione nel settore industriale;incremento sostenuto dell’occupazione nel settore terziario,che quanto a numero degli addetti superava lo stesso settore industriale;l’accelerazione degli insediamenti abitativi nei comuni posti lungo l’asse della via Emilia,ma essenzialmente nel Comune di Parma. In conclusione,la distribuzione spaziale delle attività in esame  presentava i seguenti caratteri:unità locali di più vaste dimensioni in gran parte localizzate a cavaliere della zona ferroviaria,e della via Emilia;le imprese di più piccole dimensioni erano buona parte disseminate per tutto il territorio entro il tessuto residenziale;modesta era la localizzazione industriale nel Forese,16,8% di addetti contro il 19,5 della popolazione.  In questo spazio di tempo l’organizzazione del territorio acquista nuovi elementi per ciò che concerne i rapporti tra l’ambiente e l’uomo:la geografia urbana del territorio impone di considerare la città non più in un contesto a se stante  ma in un ambito più ampio espresso nel  suo intero contesto territoriale,provinciale e regionale . Influiscono a determinare questo tanti fattori:il miglioramento  delle condizioni di vita,diventa il motore degli spostamenti della popolazione e quindi una delle cause della diversità dell’evoluzione quantitativa della popolazione da un luogo ad un altro;altra causa ( in positivo o in negativo) è l’evoluzione demografica naturale per il bilancio tra le nascite e le morti, che nel periodo in  esame ha rilevato un andamento parabolico per ciò che concerne le nascite,con aumento della popolazione ,fino al 1969, e stabile fino al 1978( soltanto dopo il 1979 si denuncerà un calo dovuto alla scarsa natalità ed all’esaurimento del ruolo del Comune di Parma in alcuni sui settori occupazionali a favore dei Comuni della cintura urbana ecc…)..A Parma,dove l’Amministrazione comunale aveva rinnovato per finito mandato le rappresentanze,restando dello stesso colore, (al sindaco Enzo Baldassi era succeduto Cesare Gherri) si avvertiva tutto questo;ma non solo proprio in quegli anni s’incominciava a livello regionale ad esprimere risultati di ricerca che mostravano,l’esigenza di forti processi di gravitazione urbana ed economica,ed esprimevano il desiderio di un riequilibrio territoriale inerente alle politiche economico-sociale,per proiettare le tendenze attuali verso il futuro allora riferito fino all’anno 2000. Inoltre l’istituzione della Regione era diventata a statuto ordinario;questo era di portata storica per impostare e realizzare un programma organico di interventi che potesse veramente avere la finalità di una equilibrata scelta produttiva in un assetto razionale del territorio.L’Amministrazione comunale,pensò di formare uno staff di tecnici esterni con a capo gli architetti Osvaldo Piacentini e Franco Berlanda per redigere un nuovo “piano”. Contemporaneamente, diventavano realtà sociali le delegazioni di quartiere dove gli organi preposti,al decentramento democratico amministrativo,si facevano interpreti delle istanze della popolazione per un intervento di partecipazione dei lavoratori e dei cittadini alla trasformazione sociale della città. Il nuovo P.R.G. diventava l’occasione di elaborare un piano intercomunale ,che per la prima volta nella storia della Provincia di Parma,collocasse in un giusto rapporto l’espansione di Parma con lo sviluppo di una larga fascia di altri Comuni guardando attentamente alla collocazione regionale,nazionale ed internazionale della città. Agli architetti,incaricati dello studio del nuovo “piano”,era subito evidente la preoccupazione di raggiungere alcuni livelli da tempo derivati inderogabili:gli standards urbanistici. Le prime indicazioni,sugli standards urbanistici rilevavano che essi dovevano far riferimento a zone con dimensioni tali da contenere 20-30 mila abitanti,suddividendoli in unità più piccole dette settori. Lo scopo era quello di rendere più facilmente controllabili le condizioni civili della città,assegnando alle unità di decentramento,un compito di verifica e promozione ormai indispensabile. Le indicazioni predisposte per il nuovo P.R.G. anticiparono le emanazioni dei decreti del ministro dei Lavori Pubblici 1e 2 aprile 1968 cioè il compito di definire i contenuti minimi in tema di “distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione fuori dal perimetro dei centri abitati ecc…E’ da specificare che il P.R.G. 1969-’74 è nato simultaneamente alla “legge ponte :ne anticipa i contenuti per alcuni versi, ne subisce tutti i limiti impliciti  nel suo travagliato iter e conseguentemente può apparire, sotto certi aspetti, l’espressione di un moderno abusivismo edilizio,se si pensa come certe intenzioni siano state svuotate nel suo ordinamento legislativo. L’intenzione di sopperire ad una  carente legislazione urbanistica che, ancora una volta non nascondeva quella tara fondo,la rendita fondiaria, attraverso quello che venne chiamato “un piano aperto”, nel caso specifico di Parma diede adito a travisare determinate situazioni fino a provocarne la falsificazione dei suoi intenti denunciati in quello,definito per antonomasia lo “scandalo edilizio”. Tuttavia,la lettura che oggi diamo del P.R.G. nel suo complesso non deve essere condizionata da questo episodio anche se esso limiterà nelle sue aspettative, l’immediato sviluppo della città e di conseguenza la vita dei sui cittadini. Ed è giusto ricordare ,come subito venne presa in considerazione l’analisi delle specializzazioni territoriali e delle attività produttive, al fine di verificarne la necessità di determinare gli standards urbanistici sufficienti per servire il territorio comunale che nello studio finale,si prefiggeva il compito di precisare le aree ambientali e i quartieri su cui applicare i calcoli degli standards stessi,(tenuto conto che li termine di quartiere è qui usato in senso urbanistico,e quindi solo per analogia riferibile alla suddivisione creata con il decentramento democratico amministrativo). Fin dai primi tempi in cui si iniziava il progetto del nuovo “piano”, s’è sempre tenuto in grande considerazione l’esistenza di articolare i quartieri,in modo da calibrare sulla base delle unità minori,i servizi previsti. Il calcolo del fabbisogno delle aree,la ubicazione dei principali punti d’incontro della vita collettiva,le scuole i giardini i mercati, gli impianti sportivi, vennero indicati con precisione alla fine di diventare materia di controllo popolare Attraverso la regolamentazione di nuovi indici doveva essere sottolineato un nuovo parametro,che consentiva, di determinare con maggior sicurezza dei precedenti (altezza superficie massima coperta,densità e distacchi dai fabbricati e strade) quei gradi di libertà con i vincoli che permettendo un continuo aggiornamento della tipologia edilizia,volevano garantire un miglioramento costante dell’aggregato urbano. Nello stesso tempo la formulazione della “ legge ponte”sottolineava che le convenzioni con i proprietari delle aree sono legittimi solo quanto acconsentono a Piani di Lottizzazione che a loro volta attivino previsioni di un P.R.G. Si riconosceva ai privati di proporre piani attuativi purché segnino le indicazioni contenute nel P.R.G. stabilito dall’Ente pubblico. Ai proprietari delle aree,per la prima volta spettavano gli oneri di urbanizzazione primaria ed una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria con tempo dieci anni entro i quali le opere dovevano essere ultimate. Alla luce di quanto illustrato,sapendo che la 765(legge ponte )poteva essere provvisoria si volle anteporre all’adozione dello strumento urbanistico definitivo una serie di provvedimenti restrittivi;tali provvedimenti erano propensi a consentire da un lato di poter con tranquillità operare delle scelte precise nell’ambito del territorio senza vederle continuamente compromesse da interventi edilizi indiscriminati,dall’altro di correggere gli errori più gravi del vecchio “piano” ed indirizzare il processo dell’ iter produttivo verso un corretto modo di costruire la città. Ma nella primavera del 1968 il meccanismo di vincolo veniva rimesso in discussione con una sentenza della Corte Costituzionale (n. 55)…il vincolo diventava a tempo indeterminato,senza indennizzo e perciò costituzionalmente illegittimo…in quanto in contrasto con gli artt. 3 e 42 della Costituzione,gli artt. 7 e 40 della legge del ‘42… In tutta Italia ci furono colossali richieste di licenze edilizie;anche Parma non ne fu immune. Nettamente inferiore ad altre città d’Italia,riferita ai valori  fino al 1964 ,(anno di massimo boom edilizio) e senz’altro superiore al periodo di crisi dell’edilizia compreso tra il 1964 e il 1967. Allora sulla base degli indirizzi della “legge ponte” si abbandonò la strada dei “piani” disegnati per sostituirli con piani programmatici che fissassero le grandi direttrici di sviluppo e le norme attraverso le quali le premesse del “piano” potessero diventare realtà operanti. Questo,processo di pianificazione “aperta” costituirà le caratteristiche di piano operativo,in contrapposizione ai “vecchi piani” che esercitavano soltanto una funzione vincolistica.L’intenzione era quella di accogliere nel tempo tutte le istanze nuove che via ,via si presentavano,al fine di organizzare e razionalizzare le nuove condizioni di sviluppo che si prospettavano per il futuro. Tutto questo ed altro,negli anni a venire(1969/’70)veniva scritto e tutt’ora agli archivi ,in un rapporto redatto dal Comune per un programma di attività poliennali:1969/’73:il terzo capitolo della seconda parte è dedicato all’urbanistica. Per quanto riguarda,più specificatamente, la gestione del piano si deve partire citando un piano embrionale del ‘ 67 il quale non ebbe molta fortuna. Nel 1968 a meno di un anno di distanza ne è stato adottato un altro e finalmente,dopo diverse discussioni,ci sono state modifiche al “piano”che sono sfociate nel settembre del 1969 piano che è stato adottato e che è stato portato a Roma per l’approvazione. Dal 1967 al 1969 diverse sono state le riunioni sia nell’ambito del Comune che fuori; infatti varie volte il piano era stato portato al di fuori di quello che era lo staff operativo:era stato discusso alle assemblee di quartiere(allora si diceva così),in tutti i tredici consigli di quartiere ecc.. Tale “piano” mandato a Roma(erano gli ultimi anni del Ministero ai Lavori Pubblici per quanto riguardava la competenza sui P.R.G.) non venne approvato,per l’esattezza, “non lo ha bocciato” dando una serie di indicazioni piuttosto lunga  con suggerimenti e modifiche per il “piano” stesso. Consigli e suggerimenti che sono stati presi in considerazione(fu subito evidente lo scomodo discorso inerente la viabilità,che prevedeva  l’attraversamento,con un asse attrezzato sul Lungoparma, congiungere la città direttamente da nord a sud).Quindi, riadozzione del “piano”nel ‘70(era la quarta in ordine di tempo nel piano che era nato nel67);un’altra riadozzione nel71 un'altra nel ’73 e finalmente il 23/4/ 1974 è stato adottato quel piano che nell’ottobre dello stesso anno venne approvato dall’Ente Regione a Bologna. Ed ancora nel P.E.E.P.elaborato nel ’72 con le caratteristiche previste dalla legge n. 865 del 1971,non si fecero più case singole  ma si disegnò una tipologia con case a schiera,a torre ecc.. con varie altezze  in base alle zone cui venivano ubicate,con ampi spazi a verde; volendo interpretare anche i suggerimenti di un moderno lignaggio architettonico, del tempo, l’interpretazione delle varie tipologie abitative tenderanno  ad essere più omogenee tra di loro. Infine è da segnalare l’istituzione del CER(comitato per l’edilizia residenziale);con  la legge 865 tale comitato aveva la facoltà di elargire i fondi ritenuti necessari alle singole regioni e indicare la scelta dei soggetti esecutori pubblici i quali venivano individuati esclusivamente,negli IACP,e privati quali cooperative edilizie. Altre segnalazioni a completamento del decennio in corso vengono fornite dalla variante al P.R.G. del 1978(la prima di una lunga serie) e la “ Disciplina particolareggiata per il centro storico” adottata il 14/2/80 e controllata senza rilievi dalla C.C.R.E.R. in data 23/3/82, che costituisce il primo importante momento di adeguamento alla nuova legge urbanistica regionale (L.R. 47/78)

 

 sopra: Suddivisione del Territorio Comunale in quartieri

 

 

Parte terza: PIANO REGOLATORE GENERALE 1969 - 74

OBIETTIVI

 

CARATTERI GENERALI

Nel disegno generale del “piano” il centro direzionale è il primo dei grandi servizi indispensabile per coagulare una serie di interessi attorno alla città in espansione. Esso si snodava lungo un asse viario il quale doveva costituire la spina dorsale dell’intero sistema attraversando la città da nord a sud. In fase di elaborazione di piano si voleva con questo strumento collocare l’espansione direzionale dei servizi,l’esecuzione della residenziale e produttiva lungo la direttrice alternativa di sviluppo nord-sud ottenendo una inversione delle tendenze “spontanee”collocando la città in posizione baricentrica rispetto agli interessi dell’intera Provincia.( Valle del Ceno e del Taro a sud,collegata con la direttrice per Casalmaggiore a nord).La concentrazione delle zone residenziali di espansione e dei grandi servizi in direzione di Gaione, Langhirano e la collocazione degli insediamenti produttivi a nord del casello dell’autosole completavano il disegno iniziale del piano. Il programma delle localizzazioni industriali, comportava un dimensionamento delle stesse collocate a livello intercomunale. In tal senso, il sistema degli insediamenti industriale faceva perno su tre centri dei quali quello del capoluogo è posto a nord dell’autostrada mentre gli altri due sono posti allo sbocco rispettivamente della valle del Taro e della valle dell’Enza a Fornovo e Traversetolo. Il tessuto connettivo veniva rappresentato dalle grandi strade di comunicazione e dalla continuità delle aree verdi le quali,dipartendosi dall’interno della città insediata,dovevano raggiungere nord e a sud le aree del tempo libero,aprendo la città verso il suo territorio. Altra osservazione la modifica radicale dell’espansione della città portava a considerare l’integrazione delle aree agricole con il territorio urbano,a cui doveva rispondere una normativa  che riguardando,le aree residenziali di espansione e le aree produttive prevedeva interventi pianificatori di grandi dimensione di cui il territorio,potesse togliersi dall’attuale degrado dovuto anche dalla frammentarietà delle funzioni. Infine, essendo la zona storica in un grado di cogestione da non sostenere ulteriori localizzazioni di attività direzionali e per contro la periferia ridotta a quartieri privi dei dovuti standard fu indispensabile pensare all’impianto di un nuovo centro direzionale alternativo alla stessa zona storica. La scelta dello sviluppo nord-sud imponeva una specifica qualifica alle vocazioni territoriali fra centro storico, direzionale residenza,industria ,verde agricolo,attraverso una rete viaria differenziata. Tutto questo andava collegato,grazie alla direttrice di sviluppo nord-sud,ad una viabilità che investendo,non solo l’ambito provinciale ma anche l’entroterra emiliano,collegasse il porto di La Spezia,(da una parte) e l’Autostrada del Brennero(dall’altra),favorendo i traffici commerciali verso l’Europa;Parma avrebbe dovuto acquistare l’importanza commerciale che per la sua posizione geografica meritava e merita. Diventava prioritario il pensiero di un “centro direzionale”dove potessero insediarsi attività direzionali vere e proprie senza trascurare il problema della salvaguardia del centro storico con tutto ciò che poteva essere ad esso annesso e connesso. In tal senso come obbiettivo principale di ristrutturazione urbana,veniva stabilito un razionale equilibrio fra gli insediamenti delle attività direzionali dei vari settori produttivi e commerciali, da un lato,e le attività direzionali pubbliche dall’altro,ammettendo fra le destinazioni d’uso anche quelle notturne(svago ed incontro)al fine di assicurare una continuità di vita dell’intera giornata. Venivano pertanto indicate le destinazioni d’uso del centro direzionale nelle seguenti attività:commerciali,amministrative,sanitarie,sportive e socio culturali. L’Università occupava,rientrando nelle attività sopra citate un capitolo a parte in quanto il nuovo insediamento universitario fu uno dei problemi che maggiormente impegnarono la stesura del P.R.G.Rilevando che l’Università  doveva essere intesa come servizio sociale,il complesso universitario si poneva come scopo quello di una integrazione con la città stessa;le componenti più significative vedevano il complesso universitario considerato ,anche se collocato a sud del capoluogo,in una integrazione pianificata con la città grazie all’asse direzionale nord-sud,e stabiliva un piano programmatico poliennale che considerasse una Università costruita secondo un sistema continuo dove dovevano trovare posto tutte le facoltà ed alloggi per studenti oltre ad impianti sportivi.

 

 sopra: Campus Universitario

 

URBANIZZAZIONE PRIMARIA

1) Opere idrauliche
L’originale rete di fognatura aveva già subito dei mutamenti considerevoli prima del ’69;inoltre data la morfologia della città spezzata dal torrente Parma la rete di fognatura era stata fornita di due emissari principali già dalla metà degli anni ’40. I progetti recenti,cioè quelli proposti negli anni ’60 non erano per metà realizzati. Tali elementi nuovi (cioè quelli realizzati)avevano generato nei bacini recipienti(canali Naviglio ed Abbeveratoia) rapporti di diluizione tali,specie nei periodi estivi, da imporre la realizzazione di due impianti di depurazione prima della emissione nei bacini. Mentre la rete che veniva progettata, realizzata non era più sufficiente per i nuovi quartieri si pensò ad un ampliamento della stessa; quindi nel piano per l’edilizia economica e popolare furono predisposti come opere di urbanizzazione primaria i collettori principali e la rete secondaria di fognature,che si ricollegavano direttamente o indirettamente alla rete esistente nei comparti P.E.E.P.

2) Opere idriche
L’esistenza della memoria storica dell’ antico acquedotto farnesiano (i minuscoli ruderi a lato della “provinciale” per Traversetolo) lo studio fatto dal 1929 in poi,il quale seguendo l’esempio di tutte le città padane iniziò la ricerca idrica nel bacino sotterraneo con il sistema della perforazione dove il sottosuolo si rilevò ricco di falde;lo sviluppo che l’acquedotto aveva avuto nel secondo dopoguerra( per es l’acquedotto Parma sud e quello a sud-ovest riguardante la zona fra la ferrovia Parma-La Spezia la strada di Vicofertile ecc..)fornirono sufficiente materiale per una riorganizzazione con un conseguente potenzieamrento degli stessi. In tal senso, collegando gli stessi si voleva assicurare la continuità del servizio nel caso d’interruzione di una rete locale e risolvere il problema di un approvvigionamento idrico che, con i nuovi insediamenti abitativi e nuove attività produttive, la città, tutta, ne avrebbe sentito la necessità.

3) Illuminazione pubblica. Gas
Vengono denunciati i limiti che si riscontrano a livello della nazionalizzazione la quale aveva creato ad una situazione frammentaria ed articolata in diverse situazioni particolari difformi da Comune a Comune.L’accusa rivolta ad una politica nazionale era specificata dalle considerazioni fatte dal CRIPEL dell’Emilia-Romagna la quale criticava il modo di gestire l’energia sia per le istallazioni dei punti luce,per altro non consoni,(cioè di tipo largamente superato:illuminazione ad incandescenza) sia anche alle regolamentazioni delle tariffe non eque.L’impegno della Amministrazione comunale diventò prioritario proponendo la costruzione di nuove cabine specialmente nelle delegazioni. Analogamente veniva rilevata l’importanza  di favorire nuovi mezzi finanziari e tecnici, all’Amps  al fine di soddisfare i nuovi impegni per la distribuzione del gas metano alle popolazioni più distanti dal centro urbano.

 

sopra: Cepim di Fontevivo

VIABILITA’, DESTINAZIONI ARTIGIANALI ED INDUSTRIALI

Carattere prioritario del P.R.G.era nell’ambito della salvaguardia generale del territorio ed in particolare del centro storico, erano le misure di decongestionamento ambientale e quindi la promessa di una restituzione alla vivibilità del territorio. In tal senso un  grosso capitolo veniva destinato alle infrastrutture per la comunicazione;attraverso uno studio dove venivano individuati tre tipi fondamentali di viabilità (regionale,comprensoriale e di quartiere) lo studio esaminava  una dimensione territoriale del problema mettendo Parma al centro di una Provincia con relazioni economiche molto ampie e rappresentata come luogo di localizzazioni preferenziale di alcune frazioni centrali di mercato,amministrative,culturali e commerciali per tutto il suo territorio d’influenza e non solo ma anche in sede di piano intercomunale e regionale.A tale scopo veniva individuata una morfologia della rete viaria sia per i mezzi individuali che per i trasporti pubblici tesa a rompere definitivamente con lo schema di tipo monometrico,proponendo un sistema infrastrutturale caratterizzato da un reticolo viario ortogonale,dove quei tracciati (ortogonali)erano destinati a costituire gli assi della viabilità principale nord-sud. Lo scopo di favorire un più accelerato sviluppo della bassa padana e della zona collinare venivano accontentate;la viabilità interregionale poteva esprimersi nel collegamento Cisa –Brennero il quale dando senso alle scelte attuali,in quanto fautore di una innovazione di tendenze allo sviluppo est. –ovest,incontrava il parere favorevole della Regione. La Regione  proprio in quegli anni vedeva favorire Parma anche nella necessità di organizzare un centro merci nella sua area occidentale in appoggio al sistema portuale La Spezia-Livorno individuato nel parmense lungo la direttrice Autocisa –Cispadana;ed ancora nel quadro di riequilibrio in senso nord-sud della vita economica e produttiva della Provincia di Parma acquistava interesse il progetto della Val Taro,come altrettanto importante era l’attenzione per lo sviluppo economico industriale del comprensorio Borgotaro-Bedonia;una azione tesa a favorire l’occupazione in loco per mezzo alla adozione di infrastrutture a tipo “aperto”(non come l’autostrada semplicemente di scorrimento).Per quanto riguarda la viabilità di tipo urbano l’innesto con il vecchio sistema monocentrico proponeva il collegamento diretto nord-sud costruito con un asse attrezzato passante sopra il torrente Parma. In tal senso l’asse attrezzato (asse principale) congiungendo direttamente i poli opposti della città avrebbe dovuto correre da Colorno a Fornivo sdoppiandosi in prossimità della città in due percorsi dei quali l’uno camionale che lambiva ad ovest la città, l’altro prevalentemente destinato ai mezzi pubblici e alle auto private doveva collegare tra loro i punti fondamentali della città(aree industriali, casello autostradale,ferrovia ecc..);sempre in direzione nord-sud si configuravano altre direttrici:la provovenienza da Baganzola  attraverso la circonvallazione ovest della Villetta,la provenienza da Mezzani attraverso via Trieste,via Mentana ecc.. la correzione della via Emilia che formando un grande anello collega la zona dei mercati con via Mantova e via Emilia S.Lazzzro. Venivano indicati come interventi prioritari il collegamento a nord tra il Ponte Bottego ed il casello autostradale,realizzando una corsia dell’asse attrezzato e, a sud,collegare il  Ponte Italia con strada Laghirano provvedendo altri svincoli in prossimità  del Ponte Dattaro,sul nuovo ponte sul Parma previsto con la confluenza con il torrente Cinghio. Infine far proseguire,l’asse oltre il Baganza fino alla confluenza dell’asse nord-sud,di supporto alle zone universitarie. La nuova funzione direzionale della città doveva trovare la sua localizzazione spaziale lungo l’asse direzionale interno e al suo asse di supporto della nord-sud Baganzola via Farnese. Lungo il primo asse di sviluppo era intenzione concentrare la nuova zona industriale,il casello auto stradale l’incrocio di scambio tra asse e tangenziale est-ovest sostitutiva della via Emilia la stazione FF.SS.,la zona dei grandi servizi cittadini comprese tra il lungo Parma e le vie Cavour,Garibaldi,Farini(zona alberghiera,musei,banche,uffici ecc..)La prosecuzione dell’asse oltre a lambire un centro di quartiere,era predisposta a creare una struttura portante per il centro direzionale di nuovo impianto dimensionato ai centomila abitanti;esso,veniva ideato per uffici pubblici,commerciali, la zona fieristica ecc…nonché  aree di parcheggio e il “terminal”delle autolinee proveniente da sud. Le indicazioni del P.R.G. -si legge nella relazione del “piano”hanno tenuto conto anche di una visione comprensoriale,in quanto sono partite dal presupposto di limitare l’espansione della città in senso tradizionale monocentrico...adottando il tipo di espansione policentrico-decentrato(città-territorio)per portare lo sviluppo economico demografico cioè l’effetto città su tutto il territorio comprensoriale. La vietata realizzazione dell’asse-attrezzato nord-sud,ed una sua impossibile alternativa imposero altre scelte le quali vennero successivamente espresse nella variante fatta al P.R.G.nel 1978. Per mantenere la morfologia viaria del “piano”le alternative principali erano due;una fornita dall’asse camionale esterno il quale dipartendosi dalla statale della Cisa si collega alla viabilità principale Nord ed all’Autosole(ad esso veniva attribuito il compito di recuperare per quanto attiene il traffico pesante e di attraversamento anche la bretella di via Langhirano-località Scarzara-per la provenienza dalla e per la Val Parma).L’altra,essendo il territorio a sud della città diviso in tre settori dai fiumi Parma e Baganza e vivendo essenzialmente su tre assi viari:statale della Cisa,per la Val Taro Prov. di Langhirano per la Val Parma,statale di Traversatolo per la Val d’Enza,lo sfruttamento degli assi stessi descritti. Per questi tre assi una volta raggiunta la zona urbana si prevedeva:per quello ad est(via Zarotto ecc..)distribuzione locale e verso gli assi ortogonali ad esso in corrispondenza con la città la prosecuzione in direzione nord sulla Parma-Mezzani verso le aree industriali e distributive e verso i centri della bassa parmense;per quello a ovest(S.S.della Cisa) la realizzazione della tangenziale Ovest e a breve termine un asse che dalla statale della Cisa si inserisca in via S.Pellico quindi in via Fleming attraverso un tratto di circa 300 m. di lunghezza per poi, attraverso un nuovo sovrappasso della linea ferroviaria MI-BO si colleghi alla viabilità dei Mercati(e quindi quella che prosegue verso nord) dove una sola modifica veniva suggerita per consentire a tempi brevi attraverso il ponte sulla Parma a nord di quello ferroviario il congiungimento della zona Mercati con via Moletolo. Il terzo asse(via  Langhirano)interessante la Val Parma era destinato in prossimità della città alla confluenza con l’asse ovest in località Scarzara,per il traffico di attraversamento e quello pesante con direzione nord, mentre all’altezza del ponte Cinghio,con una deviazione est ed un ponte sul fiume il collegamento al lungo Parma per la penetrazione urbana. La viabilità latitudinale,veniva confermata nelle sue linee generali sia territoriali che particolari nell’ambito urbano.Con il sacrificio dell’asse attrezzato detonando a più assi esistenti la funzione che esso prima aveva veniva ,per conseguenza sacrificato il direzionale urbano, mentre per quelli di quartiere si è proceduto ad una sostituzione con zone miste per attrezzatura e residenza,riqualificando le stesse in base a nuove dimensioni di standards. La variante del gennaio 1978,abbassava nelle aree di espansione l’indice di edificabilità del P.R.G.da2,2 mc/mq a1,5mc/mq,con la previsione di piano particolareggiato. Considerando la dotazione degli standards complessivi per ogni abitante essi si vedevano aumentati da mq 82,34(1974) a mq 94,80(1978)con un incremento di mq 12,46 per abitante;l’aumento era in gran parte era dovuto sia alla diminuzione degli abitanti insediati,sia al reperimento di nuove aree. Inoltre com’è noto,il P.R.G.era caratterizzato da una massiccia presenza di direzionali urbani e di quartiere. Mentre il primo tipo di direzionale era il modello per eccellenza ad integrare l’espansione della città a sud i direzionali di quartiere avevano il compito di una qualificazione delle aree periferiche che lamentavano l’assenza di servizi urbani e sociali. La perdita dell’asse attrezzato comportava l’eliminazione del direzionale urbano e conseguentemente l’integrazione delle funzioni direttamente connesse ad esso che nel contempo sorgevano come “cattedrali nel deserto”(il riferimento al Campus Universitario  a sud della città è significativo).Positiva ,invece era la  volontà, di mantenere (riducendo le aree) l’espansione residenziale,localizzata in particolare a sud(tre aree) dell’aggregato urbano,e la conversione anche in altre parti della città(una) nel settore(nord-est); questo ha dato facoltà  di accedere direttamente ai servizi grazie al collegamento dei quartieri,  con i tre assi viari(sud via Langhirano est via Traversetolo e ovest S.S. Cisa)riducendone contemporaneamente i costi di urbanizzazione generale. Analogamente, i direzionali di quartiere,venivano indicati nella variante ’78 come zone miste per attrezzature e residenza “con le caratteristiche di destinazione previste all’art. 27 della legge 865/1971 tanto pubbliche che private con esclusione di quelle attività produttive di tipo industriale e quelle non compatibili con la zona residenziale circostante per ragioni di salute pubblica.”Il volume totale edificabile, per la residenza era indicato nel limite del 30% per direzionale di quartiere. Il P.R.G. 1969/74 si preoccupava di specificare,visto l’evidente carenza di infrastrutture di carattere sociale e di carattere tecnologico,le destinazioni d’uso per le aree industriali e artigianali. I problemi quali il dimensionamento economico,per sostenere il costo di impianti e di gestione di tutte le infrastrutture,l’organizzazione dei servizi interni(mensa,infermeria,campi da gioco,parcheggi ecc..) e dei servizi esterni(organizzazione dei servizi pubblici per il trasporto di addetti,scuole di qualificazione del personale ecc…)venivano esaminati con propositi atti ad ospitare un rilancio economico di cui le nuove localizzazioni,(considerando anche la mobilità delle piccole e medie industrie)avrebbero favorito. In tal senso venivano formulate ipotesi in base a tali indicazioni il P.R.G. formulava due ipotesi d’intervento a breve e a lunga scadenza. A breve scadenza si precisava “che per il calcolo di fabbisogno di aree industriali si sono tenuti validi i dati desunti dall’analisi della situazione industriale, esistente  dal 1961 e quindi una nuova classificazione per un loro futuro per l’ immediato trasferimento,al fine,anche, di dare la possibilità di una vita migliore al tessuto residenziale;le zone artigianali venivano sollecitate a trovare idonee collocazione nelle aree destinate insieme agli insediamenti industriali derivanti dalle ipotesi che l’assetto urbano contemplava:

1) trasferimento delle attività industriali che dovevano essere espulse  dal tessuto residenziale;

2) la dotazione di opportune infrastrutture di servizi di varia natura,delle zone esistenti che nel “piano” vengono classificate industriali;

3) la previsione di aree di espansione o di completamento dell’attuale zona industriale;

4) la previsione,secondo una scelta prioritaria,delle reti infrastrutturali,sulla base di una chiara definizione delle connessioni intercorrenti fra zone industriali,le altre zone e le vie di comunicazione”.

A lunga scadenza,si prese in esame la tendenza di concentrare il più possibile tutte quelle iniziative industriali,le quali assorbendo manodopera(in particolare quella lasciata libera dall’agricoltura)fosse in grado di dare risposte di occupazione, a livello industriale;prevedendo,un modello di sviluppo già sperimentato in altre nazioni in cui c’erano situazioni simili,i criteri ubicazionali vennero assegnati secondo una possibilità di accesso secondo un parametro spazio –temporale;tutto questo significava creare un sistema di zone  le cui caratteristiche presupponevano rapidità di movimenti e di interscambi non solo in ambito comprensoriale ma in previsioni future essere di più ampia portata(il ruolo di snodo nel passaggio di merci fra il nord ed il sud d’Europa è stato fin dall’inizio alla base di queste scelte).ma poiché tali ipotesi non potevano essere definite in un campo gravitazionale parziale,quale il P.R.G. venne affrontato il problema, per un territorio di maggiore ampiezza, corrispondente all’area del comprensorio urbanistico ipotizzato per Parma e delle sue propaggini nei fondovalle di Enza e di Taro.Poichè, il grado di urbanizzazione del territorio era piuttosto modesto, (comuni lungo il Po, Comuni posti in pedemonte, per ridursi a fondovalle e scomparire nei territori montani) si rese necessaria una operazione di riequilibrio, e da tale scopo vennero predisposti gli atti per la costruzione di un” Consorzio per le aree industriali” che interessasse tutto il territorio sopra descritto. In tal senso essendo tale operazione in sintonia con i programmi della Regione, (essa era stata a sua volta divisa in consorzi intercomunali al fine di delimitarne le aree di influenza di ogni singolo polo e quelle che presentano spiccati caratteri di omogeneità) il Consorzio di Parma (rappresentato da tutti i Comuni ad esso aderenti) assumeva particolare importanza proprio per le sue vocazioni territoriali. Con la costruzione del Consorzio secondo il P.R.G. veniva individuata sul lato nord della città,in organica collocazione del quadro delle più funzionali linee di comunicazione di traffico,sia ferroviarie che fluviali la sede industriale principale;inoltre esistendo da alcuni anni le nuove arterie autostradali del Brennero e della Cisa,in diretto collegamento alla autostrada del Sole,Parma veniva posta veniva posta in un centro vitale,per l’Emilia, specialmente per quanto riguarda il la zona nord verso Colorno e Mantova. Nascevano, le società per azioni con la partecipazione del Comune  di Parma, con obbiettivo fondamentale di una realizzazione concreta delle direttrici fondamentali di sviluppo economico sociale di comprensorio essi erano:1)Insediamenti produttivi parmensi S.p.A. quale doveva assicurare razionalità ed organizzazione alla sistemazione e organizzazione e allo sviluppo degli insediamenti produttivi del Comune capoluogo,con reperimento l’attrezzatura e la cessione di aree nelle quali potranno trovare idonea collocazione le imprese industriali,commerciali e artigianali che fino ad allora erano sparse nel territorio. (Enti costituenti:Provincia, Comune,Camera di Commercio,Unione Industriali ecc..) 2) La finanziaria Fiere S.p.A. la quale aveva come principale oggetto la creazione di un quartiere fieristico e quindi la costruzione degli immobili destinati alle manifestazioni promosse dall’Ente.. dando per scontato la costruzione di tali edifici nord della città ecc.. 3)Centro Padano interscambio merci S.p.A. in località Fontevivo un complesso di opere e di impianti col preciso scopo riconsentire la ricezione, la custodia la manipolazione e lo smaltimento delle merci. La variante al “piano” del ‘78 poneva due correzioni;una riguardante le attività artigianali in particolare quelle che trovavano grossa difficoltà ad affrontare trasferimenti in aree molto decentrate,oltre i 5 Km dalla città;l’altra un ridimensionamento nella zona a nord dell’autostrada,in Ha 47.85.00 circa che corrispondevano all’insediamento già in atto gestito dalla S.p.A. -S.P.I.P.(Società Parmense per gli Insediamenti Produttivi). In tal senso ad ovest della città (in una zona estesa per ettari 32.36.00) Ha 4.72.00 previsti in completamento, ubicati a ridosso di insediamenti già esistenti,sono stati desinati a verde pubblico di quartiere mentre una seconda parte più esterna di Ha 12.93.00 previsti in espansione,è stata in parte destinata a rispetto dell’abitato e una parte per Ha 14.71.00 all’espansione per insediamenti produttivi artigianali.Poi,sempre per evitare onerosi trasferimenti e costosi allacciamenti, nel settore nord-est a ridosso della città,per H 10.65.00,ubicata in prossimità di via Mantova(zona artigianale già spontaneamente esistente) si coglieva l’occasione per assegnare all’intero comparto che era rimasto emarginato oltre la tangenziale e la ferrovia,un potenziamento dello stesso in concomitanza con la residenza. La variante ’78 per la zona industriale conservava le caratteristiche dettate dal P.R.G.;mentre per quelle artigianali si resero necessarie alcune modifiche suggerite dalle esigenze della categoria “allargando in questo modo la fascia di colore,che potranno aderire a queste nuove iniziative”. Venivano conservati gli indici di utilizzazione vigenti prevedendo,la possibilità di frazionamenti in sede di studi planivolumetrici preventivi,fino ad un minimo di 1000 mq di superficie fondiaria netta. Il P.R.G. teneva anche in grande considerazione l’assetto agricolo del territorio,quindi era evidente l’obbiettivo di esaminare quelle che allora venivano definite “culture di attesa”; in conseguenza di un forte processo di industrializzazione,s’era creata l’aspettativa di una destinazione del suolo agricolo alla urbanizzazione e ne risultava così compromesso il futuro sviluppo. Inoltre la vicinanza urbana costituiva l’elemento decisivo nella scelta opzionale tra i lavori in agricoltura o altri rami di attività. In base a queste considerazioni venivano fatti studi economici, sociologici che tenessero conto della produzione agricola della sua dimensione aziendale e di un fabbisogno di manovalanza con la sua qualificazione professionale(e di conseguenza stima della possibilità di localizzazione di nuovi insediamenti) ,e tutto in previsione anche di un” futuro mercato agricolo  europeo”. Le linee d’intervento si sintetizzavano in: 1) consolidamento,economico e strutturale delle aziende in particolare di quelle dirette coltivatrici e contemporaneamente lo sviluppo a forme associative e ristrutturazione dei servizi ecc.. 2)qualificazione professionale dei produttori e dei lavoratori agricoli,potenziamento degli indirizzi culturali e produttivi rispondenti alle vocazioni territoriali ed alle pendenze positive in atto. 3) miglioramento dei servizi pubblici di carattere sociale nelle campagne e nei piccoli centri con prevalenti interessi agricoli.

 

 

  sopra: Fiere di Parma

 

 

 

 

 

 

ASSISTENZA E SANITA’

Il P.R.G. indicando,il bisogno in relazione alla popolazione,dei servizi medico-assistenziali,sia nel Capoluogo che nella Provincia,favoriva criteri metodologici che sono stati alla base della costruzione del nuovo Ospedale;tale programmazione,come le altre relative a tutte le attività appartenenti al sistema terziario,(questa in modo particolare)veniva dilatata in tempi quinquennali,che con l’acquisto di  aree potenziassero la capacità recettiva dello stesso dando vita alla realizzazione del mono blocco altrimenti conosciuto come”Ospedale dell’avvenire”.

 

P.E.E.P.

L’analisi sulla dinamica della popolazione residente sul fabbisogno del Comune di Parma aveva indicato,come conclusione, la necessità di costruire entro il 1973 da 74.000 a 98.000 nuovi vani nella sola città e 17.000 nuovi vani nel Forese.Complessivamente,si prevedeva di costruire da 91.000 a 116.000 vani in tutto il territorio comunale. Inoltre,si calcolava che fosse effettiva la domanda di sostituzione di secondo grado e cioè di alloggi sprovvisti di bagno e di impianto di riscaldamento,per cui occorreva aggiungere un fabbisogno di altri 17.000 vani nella città,il cui bisogno totale risultava compreso fra 97.000 e 124.000 vani. Il piano diventò operativo con decreto del ministro dei LL.PP. del 30/9/’65 n°517 e come disponeva la legislatura,l’arco di tempo per realizzare il piano,era di dieci anni. Queste zone,venivano inquadrate nel P.R.G. quale da subito ha subito un’estensione di aree urbanizzabili anche se la previsione di standard ottimali ha determinato l’abbassamento dell’indice territoriale previsto in fase di studio.Quindi,con decreto delLL.PP. sopra citato,dal 1963 al 1973 si sono costruiti i P.E.E.P:Emilia sud(1963) Emilia nord(1973) Volturno(1973) Zanguidi(quartiere Montanara 1973) poi sempre con lo stesso decreto Baganzola(1981)eCorcagnano(1987).L’ipotesi di partenza era di avere una densità fra i150-200 abitanti per ettaro in città e 100 abitanti per ettaro nelle delegazioni e si ottenne un dimensionamento totale di ettari 374 di cui 352 nella città e ettari 22 nelle delegazioni. Veniva indirizzato lo sviluppo residenziale,verso sud operando alcune varianti nell’acquisizione delle aree per l’edilizia economica popolare.Infatti, il P.R.G.nel rielaborare il P.E.E.P. ,il quale otteneva qualche anno dopo un ulteriore spinta con l’entrata in vigore della legge n°865 del 22/10/’71,tenne in rilevante considerazione,le aree che precedentemente erano state vincolate. In armonia con queste indicazioni i due nuovi comparti Cinghio nord e Cinghio sud (cito un esempio) che costituirono la parte principale delP.E.E.P.(1972) venivano ubicati tra il torrente Baganza e il torrente Parma e precorse dal torrente Cinghio e dalla via Montanara .Sostanzialmente,la scelta dell’area seguì le indicazioni e le linee del nuovo “piano” abbandonando quelle scelte di direzioni radicali secondo uno scema centrifugo dettatati dal vecchio “piano”. Per le dimensioni modeste dei nuovi insediamenti abitativi,non si poté provvedere a tutti i servizi,(ex:scuole,asili ecc…)per cui si colse l’occasione di integrare le dotazioni dei servizi che erano stati previsti dal P.R.G. diminuendo complessivamente, gli indici di edificabilità. In tal senso,era intenzione di dare una migliore fruizione delle aree,sia di quelle destinate all’edificazione per un più razionale sfruttamento sia a quelle destinate a servizi per una migliore e maggiore disponibilità. Il comparto Emilia nord ad esempio,con una estensione di 64 o70 mq. ed un volume edificabile di 76.560 mc veniva calcolato con una densità di popolazione di 119 ab. Per ettaro. Il comparto Montebello,estensione 29.880 mq.e volume di 52.226 mc. per la densità più alta di popolazione e cioè 174 ab/ettaro,in quanto essendo il comparto più prossimo al centro della città doveva inserirsi in armonia con la struttura urbana esistente ecc…La tipologia edilizia veniva indicata:1)edifici a torre da costruirsi in vicinanza delle grandi arterie(alti 30 m. costituiti da due elementi verticali a pianta stellare ecc..)2)elementi pluripiani(veniva specificato il loro andamento degradante mano a mano che si procedeva dalla dorsale di un fiume ecc..)3)case a schiera ubicate in prossimità dei fiumi ecc.. La variante al piano del gennaio 1978 doveva ,in considerazione del fatto che non esisteva più l’asse direzionale legato al sistema dei direzionali urbani,operare in un contenimento dei costi di urbanizzazione generale,optando la scelta di nuove aree in relazione stretta con le infrastrutture a loro confacenti. Le  aree, erano quattro di cui tre a sud ed una nel settore nord est. Per l’area a sud(ha23. 46.00) si ritrattava di confermare una scelta di piano con il nuovo insediamento nella zona di via Montanara il cui primo stralcio nel 1978 era già in corso di esproprio(collegamenti viabili l’esistente via Montanara che si inserisce sulla bretella Langhirano-SS. della Cisa per la direzione nord-sud ecc..)Una seconda area in contatto immediato con la città,essa protendendosi verso sud,risultava inserita fra due zone a verde pubblico ed era compresa nella zona del direzionale urbano previsto dal P.R.G.(estensione 14.000 ha. corrispondenti a circa 2233 ab. Applicando un indice territoriale di 15.000. mc/ha. La terza zona era scelta nel settore sud-est in prossimità dell’asse via Traversatolo,Zarotto-Parma Mezzani.(era l’area più vicina nel tessuto già urbanizzato)Essa rappresentava quantitativamente la più considerevole delle aree residenziali di espansione,(ha. 35.51.00 corrispondenti a 5326 ab.).La quarta zona destinata ad espansione residenziale veniva localizzata nel settore nord della città(s’era venuti incontro anche ad una richiesta manifestata con insistenza dai consigli di quartiere,i quali la vicinanza agli impianti produttivi determinava in continuazione una forte richiesta di alloggi di tipo economico).Una scelta che usciva decisamente dagli scemi del P.R.G. ed aveva il compito di “rivitalizzare” il tessuto urbano esistente;  gravitare sulla zona residenziale di viaVenezia,e attraverso un potenziamento dell’insediamento fino a raggiungere (così è scritto nella relazione della variante’78)i 2500-2700 abitanti dava la possibilità di attrezzare il comparto con tutti i sui servizi.(l’estensione prevista si aggirava, sui 9.73.00 ha. con possibilità di insediare circa 1450 abitanti.

 

ATTIVITA’ COMMERCIALI

Per quanto attiene al commercio il piano classifica la rete distributiva per funzioni e collocava i punti vendita e di scambio nel complesso disegno della città; il commercio all’ingrosso per l’approvvigionamento delle industrie al nord della città,e per il commercio al minuto non alimentare e per grandi magazzini il” piano” predisponeva per ogni quartiere(nel quale la città era stata suddivisa ) un centro di quartiere particolarmente predisposto per questa funzione. In tali centri,venivano proposti nuovi servizi con funzione anche polivalente   come ristoranti, bar, cinematografi ecc.. Infine,per quanto riguardava il commercio al minuto dei generi di prima necessità, il “piano” prevedeva che i punti di vendita distribuiti nei quartieri di nuovo impianto fossero localizzati in modo tale da essere raggiungibili a piedi con uno spostamento non superiore ai 300-400 ml. lungo  strade ciclabili o pedonali.Propio in questi anni,veniva emanata la legge n°426(11/6/71) la quale attraverso il relativo regolamento di esecuzione,specificava meglio i compiti che un piano commerciale poteva avere all’interno di un P.R.G.Inoltre,tale legge oltre che istituire un albo dei commercianti,introdusse il principio della qualificazione professionale degli addetti al settore. Lasciava quindi alle regioni,e di conseguenza ai Comuni,il potere esecutivo di rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività. Inoltre grazie all’art. 11 dava facoltà ai Comuni di procedere ad un piano di sviluppo e di adeguamento della rete di vendita,sentito il parere dell’apposita commissione. Il P.R.G. in base a quanto stabilito dalla legge teste citata,formulava i seguenti criteri che dovevano essere quelli prioritari per la stesura del piano per le attività commerciali:

1) studio della morfologia del territorio e delle caratteristiche urbanistiche ipotizzate nell’ambito del P.R.G. per tutto il territorio comunale.

2) Considerazioni  sugli elementi naturali che potevano limitare gli scambi fra le diverse aree del territorio ovvero gli elementi infrastrutturali che favoriscano la mobilità dei consumatori,siano essi esistenti o di previsione.

3) Considerazioni sulle zone di espansione residenziale,cercando di separarle dagli insediamenti residenziali già consolidati.

 

CENTRO STORICO

Al fine di rendere più efficaci gli studi di un Piano Particolareggiato sul C.S.venivano in prima istanza affrontate,le misure di decongestionamento con il tentativo della restituzione a funzioni congeniali che ne esaltavano la vitalità ormai compromessa.L’indagine sui caratteri artistici e funzionali,evidenziava il riconoscimento che tale parte di città custodiva nel suo particolare sviluppo morfologico e tipologico  rispetto ai diversi valori che potevano trovarsi in altre sue parti. L’idea della conservazione ben lungi dall’essere messa in concorrenza con lo sviluppo di un organismo moderno di futura costruzione, giudicava il C.S. una parte specifica del comprensorio in un “tutto unico”sull’intero territorio . La disponibilità immediata dell’ Amministrazione comunale,di fornire un “censimento”d’ indagine sullo stato delle abitazioni ha portato,da subito alla suddivisione del C.S. in aree ambientali omogenee dove l’intenzione del risanamento conservativo veniva espresso attraverso comparti urbanistici con il chiaro intento di raggiungere un diradamento dei volumi costruiti ed un abbassamento del carico demografico. Veniva proposto,di raggiungere un più alto indice di certi standard  per diminuire il raggio d’influenza dei singoli servizi;tutto questo veniva espresso in una classificazione la quale anticipando eventuali rielaborazioni teoriche classificavano,suddividendoli i diversi tipi d’intervento,in base ad una “classifica dei fabbricati”. Venivano proposte le seguenti categorie:

1) fabbricati di valore storico monumentale

2) fabbricati di valore ambientale

3) fabbricati privi di valore storico monumentale o ambientale

4) fabbricati da demolire

5) comparti da ristrutturare.

Lo sviluppo di certi avvenimenti(vedi storia del “piano”)verificò nel disegno di variante del ’78,osservazioni che mantenendo fede ai principi  già esposti nel “piano”(la necessità di riqualificare le periferie insediate e il recupero e il risanamento del C.S.)prescindendo dalle qualificazioni precedenti e dalle modalità relative “provvede alla definizione di quelle possibilità di intervento che non consentono alterazioni morfologiche e tipologiche determinanti,in attesa di un piano particolareggiato”. Ed  ancora si legge “la necessità di introdurre una normativa temporanea discende dalla opportunità di rivedere in Toto i presupposti su cui è costituita la classificazione degli edifici in occasione della redazione del piano vigente….operare secondo una metodologia diversa più scientifica,legata alle diverse situazioni tipologiche degli edifici e degli isolati stessi. E’ apparsa anche necessaria una definizione generale di servizi e una identificazione dei contenitori storici da recepire e da utilizzare a questi fini.”Quindi,nell’agosto del 1979(approvato con delibera cons. Comunale il 14/2/1980) veniva terminato uno studio iniziato alla fine del 1977,formulato dai tecnici dell’Amministrazione comunale; questo studio seguiva le indicazioni della legge 457/1978( legge nazionale inerente le norme per l’edilizia residenziale;obbiettivo principale quello di rivitalizzare il comparto edilizio) e la legge 78/47 (emanata dalla Regione) per consentire,come suggerito dal legislatore, di non isolare l’intervento sul C.S. come porzione urbana a se stante e, “organizzare un intervento edilizio diretto all’interno della zona territoriale omogenea A, regolamentato da una normativa molto puntuale,organizzata per unità minime d’intervento,che si estende su tutto il centro storico.”

 

MOSTRE

Il P.R.G. prevedeva nella zona di Mariano un area per mostre in sostituzione od integrazione di quella esistente ai margini del parco Ducale ritenuta insufficiente.

Istruzione media superiore

In base allo sviluppo demografico con la città e riprendendo una previsione prospettata a lungo periodo nel P.R.G dell’63,si prevedeva una nuova sede dell’ istituto magistrale al potenziamento del liceo scientifico dell’istituzione di una nuova scuola tecnica a indirizzo agrario. In sede di pianificazione si specificava di ridurre i disagi di trasporto per gli studenti studenti pendolari e la creazione di nuove attrezzature dalle palestre per attività sportiva fino alle sale per riunioni e dibattiti.

Attività sportive e verde pubblico

Potenziamento degli impianti esistenti che già nell’ultimo decennio erano stati favoriti(vedi:la costruzione di nuovi complessi come quello costruito in viale Piacenza,dotato di un campo da rugby un campo da calcio un campo da baseball. Il nuovo”piano”prevedendo fondamentalmente tre aree la quale la prima esistente a nord del parco Ducale e le altre due a sud destinando tali aree per lo sport e lo spettacolo individuava anche le attrezzature sportive a livello di quartiere che nei programmi di realizzazione mettevano in evidenza due precisi indirizzi:intervento a livello di quartiere,costruzione di centri polivalenti. Sotto il particolare aspetto delle attrezzature(parchi,verde attrezzato,impianti polivalenti ecc..)c’era l’obbligo di dare risposte agli interessi del tempo libero e alla salvaguardia del verde pubblico;tenendo conto degli aspetti urbanistici particolarmente legati al problema delle aree e delle attrezzature si prefigurava un assetto commisurato ai seguenti standard:

a livello di quartiere,verde pubblico parco attivo di mq/ab. =10

a livello cittadino e comprensoriale,verde attivo di mq/ab. =6

tali previsioni si inserivano in un sistema di verde,il quale appoggiandosi  al decreto ministeriale del2/4/’68 più che prevedere una serie di parti distribuiti in prossimità delle residenza,tentò di individuare delle penetrazioni di verde,che seguendo il percorso dei fiumi solcanti il territorio comunale,rappresentassero anche delle continuità per i percorsi pedonali e ciclabili,che dall’estrema periferia agricola potessero condurre alla zona della città storica.

 

  

 sopra: Centro storico di Parma attuale, Via Bixio e Via Farini

  sopra: veduta aerea della città anno 1966

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